“E se tutto ciò che presumiamo di conoscere fosse solo una proiezione della mente? Una proiezione di abitudini consolidate da retorici eventi e da reiterate azioni?” Domandò.
Rispose: “Se così fosse, sarebbe sufficiente porsi semplici domande per interrompere il ciclico ripetersi dell’apparente conosciuto. Domande semplici come una moneta infilata in un ingranaggio che, però, è sufficiente per incepparlo o scardinarlo. Domande semplici come quelle dei bambini alle quali spesso non sappiamo rispondere. “Perchè” reiterati che sfiniscono e che mettono con le spalle al muro, un muro realizzato da mattoni di ovvietà cementati da apatia.
E allora poniamoci quelle domande e cerchiamo le nostre risposte, ma non le risposte che ci hanno insegnato a dare, bensì quelle che riusciremo a trovare. In qualsiasi modo e qualsiasi esse siano. Non importa quanto ci vorrà, l’importante è innescare il processo, ma senza il timore di essere in grado o meno di trovarle, bensì con l’autentico coraggio di dubitare.
E le domande sono le stesse da sempre, forse abbiamo semplicemente smesso di porcele.
Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?”