L’incubo collettivo

Davvero l’unica strategia rimasta
da questa e da quell’altra parte
è screditare anziché essere credibili?

Davvero le apologie ideologiche
stanno intonando il requiem
delle ultime tracce di ideali?

Davvero i residui di dignità
sono svenduti compulsivamente
per un’effimera ombra di potere?

Il sonno della ragione genera mostri - Goya

Il sonno della ragione genera mostri – Goya

Rumore

Quanto rumore. Verità presunte e urlate, diritti artefatti e imposti, giustizia manipolata ed apparente. Quanto rumore per offuscare ideali e sogni, princìpi e bisogni. Quanto rumore per soffocare voci, pensieri, emozioni, percezioni.

Quanto rumore. Fa male all’Anima. È assordante, copre tutto con una coltre densa che uniforma ed appiattisce. Realtà fatta di finzione, di politica assoggettata, di religione usata, di etica taciuta.

E in questo rumore ci si smarrisce, si crede all’incredibile e si rinnega l’autentico, si bevono d’un sorso distillati d’ostilità e si vomitano in un istante fiumi di vacuità. Perchè il rumore è un dolore che ci ammala di una bulimica sordità. Sordi a ciò che Sentiamo, sordi allo stridore della falsità, sordi al sussurro della semplicità.

Ronzio persistente che spezza frequenze e vibrazioni, che disorienta e confonde, che paradigma l’evoluzione. Attutire questo rumore artificiale, per tornare a scegliere e discernere, per ritrovare oltre il palpito innaturale ciò che pulsa ancora e per sempre al ritmo dell’Anima del mondo.

Edward Munch, L’urlo

Ermeneutica della follia

Esplorare la follia è difficile quasi quanto interrogarsi sull’amore, elementi affini e tangenti della nostra natura umana.

Spesso la follia è usata come espediente sociale per arginare atteggiamenti non confacenti a schemi predeterminati. Talvolta la follia è manifestazione soggettiva di un oggettivo disagio fisico e mentale. Raramente la follia racconta l’attitudine disumana nei confronti di altri esseri umani.

Mi domando allora se non sia il termine stesso ad essere semanticamente improprio, oppure se lo sia il suo utilizzo. Perché se è folle la disumanità, non può esserlo anche lo slancio ad esplorare oltre la conformità. Perché se è folle il disagio, non può esserlo anche la premeditazione. Perché se la follia è effetto, non può essere causa allo stesso tempo.

La follia è di chi cerca una visione e non si adatta ad una visuale. La follia rappresenta il conflitto fra l’io ed il sé. La follia è l’effetto dell’evoluzione in un contesto ostile.

Viva i folli, perché la loro follia è il risultato di una lunga battaglia verso la consapevolezza. Viva i folli, perché la loro follia non sarà mai l’origine di quel lungo declino verso l’oblio che gli ignavi chiamano follia, ma il cui vero nome è semplicemente inconsapevolezza. Viva i folli, perché hanno il coraggio di cercare oltre i confini e di guardare oltre l’orizzonte.

Grazie ai folli, perché esplorando l’invisibile e sperimentando l’ignoto, ci guidano alla scoperta dell’impossibile.

L’istante in cui la Luce vinse l’oscurità

Ogni anno ritorna quell’istante sospeso fra passato e futuro a rammentarci che la vastità può essere racchiusa nel palmo della mano e l’infinità nel tempo di un battito di ciglia.

Quell’istante da ritrovare, da riconoscere e da sublimare nel suo equilibrio per coglierne l’eternità.

Quell’istante governato da un Guardiano immanente, osservatore dello scorrere del tempo senza esserne intaccato, custode della chiave della Ianua Coeli, sorvegliante di tutti gli inizi.

Quell’istante che ciascuno di noi, come Ianus, può rendere eterno, proteggendo la Luce, rinnovando il Cammino ed espandendo la consapevolezza oltre l’infinito, dove tutto è armonia e dove l’armonia è libertà.

Auspico per tutti noi di vivere la nostra Esistenza nell’Assoluto di questo Istante.

Una pioggia di domande

“Rien n’est vrai, tout est permis”
Hassan-i-Sabbah

Hiram Abif - Fabrizio De Paoli

Alcuni di noi si pongono le stesse domande, prima o poi, nel corso della vita. E lo stesso hanno fatto coloro che ci hanno preceduto. Com’è possibile che gli arroganti, gli opportunisti, i prepotenti riescano sempre a farsi spazio ed emergere da una melmosa palude per raggiungere il tetto del mondo? Perchè ci indignamo e dissentiamo, ma poi dimentichiamo in fretta e lasciamo la presa?
Siamo offuscati costantemente da un macchinario che produce nebbia dall’alba dei tempi con processi differenti, ma medesimo scopo. Siamo assuefatti ad un contesto che genera frustrazione, ma del quale crediamo di non poter fare a meno.
Perché abbiamo concesso e concediamo che interessi superiori controllino la nostra vita? Cosa sono questi interessi? Interessi di chi e superiori a cosa?
Si ha la sensazione che sia tutto sbagliato, che la ruota giri in senso inverso e l’alto ed il basso siano invertiti.
Com’è possibile che le ingiustizie, prima o poi, cadano nell’oblio, che l’aggressività e la violenza scorrano con costanza e vigore, creando sempre nuovi alvei?
Io non voglio adeguarmi, ma ho il sospetto che il continuo adattamento a questo ambiente ostile, si tramuti lentamente ed inesorabilmente in adeguamento, una conformazione lenta, ma progressiva, che ingloba e uniforma. Un’assuefazione lenta, ma costante, che confonde e ottenebra.
Mille verità soffiano ogni giorno da ogni direzione e verso ogni direzione, si intrecciano in una fitta rete che si perde oltre i confini apparentemente conosciuti. Non le si può cercare e tantomeno trovare fuori. Quando percepiamo stonature rispetto all’armonia che risuona in noi, quando Sentiamo melodie che vibrano insieme a noi, sono le risposte che cerchiamo, sono le verità a cui aneliamo.
La voce della nostra verità grida, sussurra, canta, racconta ogni giorno dentro di noi. Ascoltiamola. Il resto è solo rumore. E poi con quella voce raccontiamo e condividiamo, svegliamoci da un sonno indotto da troppo tempo.
Io non voglio abituarmi, non voglio rimanere invischiato in una ragnatela dalla quale è difficile liberarsi e che giorno dopo giorno avvolge e stringe in un processo ineluttabile solo se acconsentiamo che lo sia.
Nulla è perduto, nulla è inevitabile, nulla è impossibile.
Ascoltiamo, osserviamo, poniamoci domande. Una pioggia di domande.

Linea di confine

La libertà è un prodotto di questo mondo e a questo mondo non esiste una sola libertà. Ciascuno ha la propria e costituiscono luoghi di confine. Le libertà sono luoghi di confine. E i confini separano.
L’aspirazione alla libertà degli esseri umani esiste soltanto in quella sottile linea che è di nessuno e di tutti allo stesso tempo. Il non luogo infinitesimo ed immanente che dura il tempo di un istante, che separa ed unisce in un frammento di assoluto.

Il lupo e l’agnello

Non intendo contraddire Fedro che, per mezzo della sua fiaba, ebbe l’intento di sensibilizzare sulla prevaricazione celata in giustificazioni per mascherare azioni opportunistiche. Tema peraltro sempre molto attuale.
Il mio intento è quello di osservare la relazione lupo-agnello sotto una prospettiva differente, interrogandomi sul ruolo, la funzione e la metafora rappresentata da questi animali.

È pacifico che gli animali non necessitino di giustificazioni per spiegare le proprie azioni, contrariamente alla natura umana, ma evidentemente Fedro necessitò di questa traslitterazione animale, per disumanizzarne il comportamento e rendere il messaggio insito nella fiaba più facilmente trasmissibile.

Resta il fatto che per entrambi vigano dinamiche di branco, anche se con connotazioni profondamente differenti, che rilevo coesistenti in quelle umane. È sicuramente ravvisabile l’interpretazione proposta da Fedro, ma sono altrettanto riconoscibili sia un approccio dinamico rappresentato dai lupi, sia quello più statico riconoscibile negli ovini. Come è individuabile l’operosità dei canidi contrapposta all’ignavia delle pecore, così è identificabile una sorta di etica nell’ambito del branco in antitesi alla scarsità di consapevolezza del gregge.

Probabilmente il primo indizio è rappresentato proprio dalla differenza semantica nell’attribuzione del nome dei due gruppi: branco e gregge. Il primo identifica una riunione spontanea, il secondo, specifico degli ovini, è una riunione forzata legata all’allevamento. Escludendo l’aspetto gerarchico, che realizza una struttura ben precisa per i lupi con ruoli e compiti, rimane in evidenza una differenza sostanziale fra un addomesticamento funzionale ed un’autonomia funzionale, derivante dalla contrapposizione fra cattività e libertà.

Curioso come cattività e cattiveria abbiano la medesima radice latina che riporta alla prigionia e benchè l’ambiente domestico sia identificato come qualcosa di sicuro e protetto, specialmente nel contesto di un gruppo, forse c’è qualcosa che stona. Che sia legato alla stigmatizzazione di ciò che è selvaggio, ovvero libero e non controllabile? È difficile controllare un gruppo autonomo. E spingendosi oltre il concetto di gruppo, focalizzandosi sull’individuo, si ravvisa che un lupo, al contrario di un agnello, può sopravvivere da solo proprio perchè non è addomesticato.

Lupo_salta_pecora

Immagine dal web

Libera uscita

Osservo spesso le nostre dinamiche sociali e mi capita di percepire spazi temporali predeterminati. È come se vivessimo i nostri momenti di svago e di riposo come se fossero una libera uscita. Un intervallo concesso in un lasso di tempo contingentato e pianificato. Il permesso di svolgere attività oltre quelle produttive in un contesto regolato da dinamiche opportunistiche.
E mi sovviene una frase che l’attore Enzo Garinei faceva pronunciare al suo personaggio nel film Banana Joe: “Prodotto e manodopera sono assolutamente gratis perchè il denaro della paga ritorna in cassa, visto che questi imbecilli se lo giocano e se lo bevono subito”.

Osservando i nostri fine settimana e le nostre vacanze, ho la sensazione che talvolta siano spazi di libertà apparente nell’ambito dei quali compiamo azioni omogeneizzate, reiterate ed altrettanto produttive.
È probabilmente la visione fantasiosa di un funambolo del pensiero, però quando mi capita di osservarci in ritmate azioni di massa il dubbio mi sorge: che i nostri momenti di uscite in libertà siano in realtà delle libere uscite per mantenere in efficienza un ecosistema autonomo tipo quelle sfere di vetro con animaletti e piante all’interno?

La matrice

Fiumi di parole e chilometri di pellicola sono stati utilizzati per affrontare il tema di uno schema precostituito all’interno del quale saremmo imprigionati ed asserviti.
Burattinai, ordini superiori, strutture fantasma, organizzazioni ombra, cospirazioni apparenti, esitenti, artefatte, reali e mascherate da complotto, fasulle e mascherate da autenticità.
Comunque sia, ciò che appare sempre più evidente è una sorta di fitta nebbia in mezzo alla quale sia difficile trovare riferimenti e facile incappare in trabocchetti. Confusione, smarrimento, ma anche Dubbio.

Non conosco ancora quale possa essere il percorso da seguire per attraversare questa cortina e poterne uscire in qualche modo e da qualche parte, ma lo sto cercando a tentoni e tentativi.
Non vedo ancora cosa celi questa barriera fumosa, ma so che per intravvedere qualcosa o si dirada o se ne cercano i confini.
Non capisco ancora il motivo per cui esista, ma la sensazione che mi trasmette è disagio ed inganno.

E allora chiudo occhi ed orecchie e cerco quella porta. Non con i sensi ma con il Senso, non con la ragione ma con le Sensazioni, non con le reazioni ma con le Relazioni, non con la ricerca di prove ma con la ricerca di Segni, non con un’esplorazione solitaria ma Condivisa.

Non so se esista e cosa possa celare la presunta matrice, ma è singolare che in un sistema di certezze non vi sia certezza, in una società evoluta non vi sia evoluzione, in un mondo reale non vi sia autenticità, in un universo sconfinato vi siano confini, in un corpo mortale vi siano aneliti di immortalità.
Dubito, cerco, non mi accontento. Continuo a cercare quella porta. Cerchiamo insieme?