Inno a Iside
[…] Perché io sono la prima e l’ultima
Io sono la venerata e la disprezzata,
Io sono la prostituta e la santa,
Io sono la sposa e la vergine,
Io sono la madre e la figlia,
Io sono le braccia di mia madre,
Io sono la sterile, eppure sono numerosi i miei figli,
Io sono la donna sposata e la nubile,
Io sono Colei che dà alla luce e Colei che non ha mai partorito,
Io sono la consolazione dei dolori del parto.
Io sono la sposa e lo sposo,
E fu il mio uomo che nutrì la mia fertilità,
Io sono la Madre di mio padre,
Io sono la sorella di mio marito,
Ed egli è il mio figliolo respinto. […]
[…] Rispettatemi sempre,
Poiché io sono la Scandalosa e la Magnifica […]
Nag Hammâdi – III secolo d.C.
Dinnanzi ad un testo di tale energia simbolica e comunicativa, gli approcci sono innumerevoli e taluni molto personali, ma fra essi quello analitico, quello contemplativo e quello investigativo, emergono in modo particolare.
Tentare l’esercizio di fornire un’interpretazione alle parole, oppure ammirarle e godere della loro bellezza senza tempo, oppure ancora utilizzarle come una chiave che apra la porta ad un nuovo campo di ricerca, sono tutti cammini percorsi e percorribili, stimolanti ed interessanti.
L’approccio analitico è un aspetto con il quale confrontarsi, così come è avvenuto ed avverrà ancora infinite volte per chi si avvicinerà a questo testo. Coglierne il messaggio attraverso la ricerca dei presupposti, l’identificazione del contesto e l’interpretazione dei contenuti è un lavoro sicuramente allettante ed affascinante nel quale tuffarsi, che miscela studio, emozione e percezione.
È altresì impossibile evitare il coinvolgimento emotivo scorrendo la vastità delle affermazioni contenute nelle frasi brevi ed allo stesso tempo immense che si susseguono.
Ma è la funzione di chiave che su di me ha sortito l’effetto più sorprendente. La curiosità e l’ammirazione hanno disegnato nella mia mente uno strumento inaspettato per aprire la porta che si affaccia su un mondo misterioso ed attraente. Nag Hammâdi. Ecco il primo vero elemento della ricerca. Ecco la chiave che apre la porta dell’Avventura.
Il testo, l’Inno a Iside, non è che un breve stralcio di un capitolo (Il Tuono, mente perfetta) del codice VI dei codici di Nag Hammâdi, un insieme di testi gnostici cristiani e pagani risalenti al III secolo dopo Cristo, rinvenuti nei pressi di Nag Hammâdi (Egitto) nel dicembre 1945.
Il primo elemento che emerge è che nel testo, benchè spesso citato come Inno a Iside (o Inno di Iside – altro spunto di riflessione interessante sarebbe già soltanto approfondire la scelta della differente preposizione), non venga mai menzionato il nome della dea.
Il titolo attribuito alla porzione di testo estrapolato dal più ampio poema appare, quindi, quasi funzionale ad uno scopo, quello di riuscire ad individuare un soggetto ben preciso e ben conosciuto all’epoca, in modo da facilitarne riconoscimento e collocazione, agevolando la trasmissione del messaggio. Un concetto, un’entità, una figura più facilmente comprensibili, perchè, forse, il soggetto de “Il Tuono, mente perfetta” è qualcosa di più ampio, di maggiore complessità e più “lontano” dalle menti non allenate alla trascendenza.
Inoltre, come accennato in precedenza, la scelta della preposizione “a” al posto della preposizione “di” rende la protagonista del brano più vicina al rapporto dell’essere umano con una divinità autorevole, ma allo stesso tempo esterna e lontana dall’individuo, evitando di turbare le credenze consolidate con un concetto delicato come la divinità dell’individuo.
Un ulteriore interessante spunto è collocare l’Inno a Iside all’interno del testo completo, leggendo quanto è scritto prima e dopo.
Si evince allora che l’associazione con una dea, una figura ben precisa, sarebbe riduttiva e troppo “stretta”, poichè si percepisce che l’argomento trattato non sia contenibile da una semplice figura mistica, bensì qualcosa di più ampio come un concetto od un principio ed è qui ci viene in aiuto il titolo originale e criptico (almeno nella prima parte) “Il Tuono, mente perfetta”.
Andando oltre la validità delle successive traduzioni (Copto, Greco, Inglese ed infine Italiano), ciò che emerge è comunque qualcosa di sublime e immateriale, qualcosa che sfugge alle definizioni e che può essere colto da un atteggiamento gnostico.
Ed è allora che contestualizzando l’Inno nella visione più estesa, lo si riesce a leggere sotto una chiave differente, elevando la prospettiva, sostituendo ad Iside la Verità.
Un terzo appassionante indizio è la collocazione del poema nel codice VI, dove si alternano testi cristiani e pagani e dove spiccano in particolar modo due brevi trascrizioni di una vastità disarmante che sono “Parafrasi della Repubblica di Platone” ed “Asclepius”, le quali fanno apparire, insieme a “Il Tuono, mente perfetta”, il codice VI come se fosse il fulcro dell’insieme dei codici di Nag Hammâdi, come se gli altri codici fossero una sorta di involucro per custodire il messaggio principale.
La Repubblica di Platone e Asclepius sono sostanzialmente incentrate sui concetti di Consapevolezza e di Equilibrio e sugli effetti della loro presenza ed assenza. Aggiungendo gli effetti della negazione della Conoscenza (ovvero della Verità), trattati ancora in Asclepius, si giunge a completare la base ternaria dell’evoluzione tracciata nel Corpus del Codice: Conoscenza (Verità), Consapevolezza ed Equilibrio.
Il quarto punto di riflessione, curioso ad un primo approccio, è la miscellanea di testi pagani e cristiani, sia e specialmente nel codice VI, sia nell’interezza dei codici di Nag Hammâdi. In realtà, leggendoli con più attenzione e maggiormente in profondità, costituiscono un tutt’uno non scindibile fra qualcosa di cristiano e qualcosa esterno ad esso: compongono una biblioteca dell’epoca impergnata sulla Conoscenza raccolta e tramandata.
Vangeli, apocalissi, preghiere, iniziazioni, epistole, racconti apostolici e storici, hanno il comune denominatore di narrare ciò che è avvenuto e soprattutto trasmettere un messaggio di universalità e di consapevolezza.
Certamente, ed è valido per qualsiasi testo giunto fino a noi, non è sufficiente che un testo sia stato vergato per renderlo autorevole e credibile ed inoltre le traduzioni attraverso i secoli non sono certo di aiuto, però i messaggi di fondo e la visione d’insieme riescono comunque a trasparire ed a sopravvivere alle epoce ed agli eventi.
Ci troviamo nel XXI secolo a leggere una porzione di testo facente parte di un insieme di scritti del III secolo d.C. ritrovati in Egitto e già questo viaggio nello spazio e nel tempo sarebbe sufficiente a renderlo affascinante.
Se, però, aggiungiamo il fatto che probabilmente questi scritti siano sopravvissuti proprio perchè custoditi in Egitto, lontani dall’epurazione dei documenti storici per causa di strategie politiche, allora questo frammento superstite, mascherato da qualcosa di pagano nella terra dei pagani, assume la valenza della chiave della porta di un Arca che è riuscita a raggiungere un porto sicuro, con la speranza di poter essere aperta, compresa e pronta a ripartire per il porto successivo.
Ciò che mi ha lasciato questo viaggio appassionante è la meraviglia di scoprire come un indizio attraente possa essere il richiamo per andare oltre ed esplorare universi sconosciuti, ritrovando messaggi celati in vista.
I codici di Nag Hammâdi ed in modo particolare il cosiddetto Inno a Iside sono la prova che la ricerca della Verità ovvero della Conoscenza ovvero della Luce sono un retaggio primordiale e che l’assoluto esiste nel cercarla e consiste nel trovarla.
Qualcuno ha cercato di trasmetterci la consapevolezza acquisita attraverso un messaggio nascosto fra le pieghe del tempo ed il nostro compito è quello di accoglierlo, elevare lo stato di coscienza e traghettarlo verso il prossimo viaggio.
Fabrizio De Paoli – ipsonauta – tutti i diritti riservati