Camminare. Continuare a camminare nonostante tutto. Avanti. Sempre.
Sottile la linea di demarcazione fra essere ed apparire. Impercettibile la membrana fra l’azione e l’attesa passiva. Eppure due universi così lontani si sfiorano. Sono uno accanto all’altro. E la continua scelta di poggiare il prossimo passo da un lato o dall’altro è faticosa, difficile, a volte dolorosa.
Molto lavoro da parte nostra per mantenere fede agli impegni assunti, molto dolore a causa delle delusioni. Tutto è amplificato quando si sceglie di percorrere un cammino.
“Insieme avanzate, come in processione, verso la vostra essenza divina. Voi siete la via e i viandanti. E quando uno di voi cade, cade per quelli che lo seguono giacché li mette in guardia contro l’ostacolo. Ma cade anche per quelli che lo precedono i quali, benché più celeri e sicuri nel loro passo non rimossero l’ostacolo” (K. Gibran – Il Profeta).
Ma quando si sceglie di percorrere un cammino, si assumono responsabilità, compiti, doveri. Prima di tutto. Poi valutazioni e critiche. Critiche costruttive. Mai giudizi.
Apprendere e comprendere come costruire. Con studio, ascolto, partecipazione attiva, impegno, umiltà.
Avviare la costruzione. Continuando ad apprendere e comprendere come costruire. Il costruttore riconosce chi non costruisce. Chi è parte attiva nell’edificazione riconosce chi rimane inoperoso, riconosce chi distrugge.
Cosa fare? Come comportarsi? Come affrontare lo sconforto della consapevolezza che non tutti compiano il proprio dovere? Noi compiamo il nostro dovere?
Domande. Incertezze. Difficoltà. Componenti stesse del cammino.
Quale la soluzione? Continuare a camminare. Continuare a compiere il proprio dovere. Continuare ad essere parte attiva per affrontare e non subire, ricordando che non si deve mai confondere la tolleranza con la sopportazione.
Consapevolezza del percorso, fatto di successi e sconfitte.
Accettazione dell’esistenza di superficialità, egoismo, ignavia ed addirittura invidia, cattiveria, violenza. Accettazione che non è, però, adattamento e sopportazione, bensì specchio in cui riflettersi e mezzo per espandere la propria consapevolezza.
Conoscere il nemico per poterlo affrontare. Accogliere l’avversario come strumento per la personale evoluzione. Nel compimento di un cammino non possono esistere condizionali, ma solo imperativi. Non ci si può permettere il forse, ma è dovuta la consapevolezza del limite.
Combattere quindi. I dèmoni dentro e fuori di noi. Ma con un Buon Combattimento.
Combattere per Amore. Combattere per proteggere. Proteggere gli ideali e chi è indifeso. Ma anche combattere per contrastare le ombre che serpeggiano.
Accettare che esista l’ingiustizia. Continuare senza sosta a contrastarla. Con ogni mezzo onorevole. Perché il Buon Combattimento si compie soltanto con onore e senza compromessi con se stessi.
E le uniche armi che si confanno ad un costruttore di sogni nel compimento del proprio compito sono onestà, dovere, rispetto, onore, coerenza e coraggio. Molto coraggio. Nell’accettazione dolorosa dei propri e degli altrui limiti. Nella faticosa e continua lotta per affrontarli. Accettare i limiti, ma non giustificarli. Un costruttore di sogni non deve crearsi alibi per crogiolarsi in essi, anche se è consapevole di farlo talvolta.
Lavoro duro ottemperare al proprio dovere. Particolarmente duro perché lo si conosce molto bene. Ma non vi è altra via. Si è costruttori di sogni per opportunità e non per merito, ma è necessario meritarsi continuamente di esserlo. Per sostenere se stessi e chi vuole essere sostenuto e per allontanare chi non lo vuole. Con coerenza e coraggio.
Quando si scrive, si scrive principalmente a se stessi. Ma la speranza è che le riflessioni possano essere utili anche ad altri. Almeno in parte.
Sì. La Costruzione lavora su noi stessi. Ed avviene mentre la si realizza. E la differenza fra un buon operaio e tutti gli altri tipi di operai è semplicemente l’Amore profuso nel compimento del proprio dovere.