Il lupo e l’agnello

Non intendo contraddire Fedro che, per mezzo della sua fiaba, ebbe l’intento di sensibilizzare sulla prevaricazione celata in giustificazioni per mascherare azioni opportunistiche. Tema peraltro sempre molto attuale.
Il mio intento è quello di osservare la relazione lupo-agnello sotto una prospettiva differente, interrogandomi sul ruolo, la funzione e la metafora rappresentata da questi animali.

È pacifico che gli animali non necessitino di giustificazioni per spiegare le proprie azioni, contrariamente alla natura umana, ma evidentemente Fedro necessitò di questa traslitterazione animale, per disumanizzarne il comportamento e rendere il messaggio insito nella fiaba più facilmente trasmissibile.

Resta il fatto che per entrambi vigano dinamiche di branco, anche se con connotazioni profondamente differenti, che rilevo coesistenti in quelle umane. È sicuramente ravvisabile l’interpretazione proposta da Fedro, ma sono altrettanto riconoscibili sia un approccio dinamico rappresentato dai lupi, sia quello più statico riconoscibile negli ovini. Come è individuabile l’operosità dei canidi contrapposta all’ignavia delle pecore, così è identificabile una sorta di etica nell’ambito del branco in antitesi alla scarsità di consapevolezza del gregge.

Probabilmente il primo indizio è rappresentato proprio dalla differenza semantica nell’attribuzione del nome dei due gruppi: branco e gregge. Il primo identifica una riunione spontanea, il secondo, specifico degli ovini, è una riunione forzata legata all’allevamento. Escludendo l’aspetto gerarchico, che realizza una struttura ben precisa per i lupi con ruoli e compiti, rimane in evidenza una differenza sostanziale fra un addomesticamento funzionale ed un’autonomia funzionale, derivante dalla contrapposizione fra cattività e libertà.

Curioso come cattività e cattiveria abbiano la medesima radice latina che riporta alla prigionia e benchè l’ambiente domestico sia identificato come qualcosa di sicuro e protetto, specialmente nel contesto di un gruppo, forse c’è qualcosa che stona. Che sia legato alla stigmatizzazione di ciò che è selvaggio, ovvero libero e non controllabile? È difficile controllare un gruppo autonomo. E spingendosi oltre il concetto di gruppo, focalizzandosi sull’individuo, si ravvisa che un lupo, al contrario di un agnello, può sopravvivere da solo proprio perchè non è addomesticato.

Lupo_salta_pecora

Immagine dal web

Libera uscita

Osservo spesso le nostre dinamiche sociali e mi capita di percepire spazi temporali predeterminati. È come se vivessimo i nostri momenti di svago e di riposo come se fossero una libera uscita. Un intervallo concesso in un lasso di tempo contingentato e pianificato. Il permesso di svolgere attività oltre quelle produttive in un contesto regolato da dinamiche opportunistiche.
E mi sovviene una frase che l’attore Enzo Garinei faceva pronunciare al suo personaggio nel film Banana Joe: “Prodotto e manodopera sono assolutamente gratis perchè il denaro della paga ritorna in cassa, visto che questi imbecilli se lo giocano e se lo bevono subito”.

Osservando i nostri fine settimana e le nostre vacanze, ho la sensazione che talvolta siano spazi di libertà apparente nell’ambito dei quali compiamo azioni omogeneizzate, reiterate ed altrettanto produttive.
È probabilmente la visione fantasiosa di un funambolo del pensiero, però quando mi capita di osservarci in ritmate azioni di massa il dubbio mi sorge: che i nostri momenti di uscite in libertà siano in realtà delle libere uscite per mantenere in efficienza un ecosistema autonomo tipo quelle sfere di vetro con animaletti e piante all’interno?

La matrice

Fiumi di parole e chilometri di pellicola sono stati utilizzati per affrontare il tema di uno schema precostituito all’interno del quale saremmo imprigionati ed asserviti.
Burattinai, ordini superiori, strutture fantasma, organizzazioni ombra, cospirazioni apparenti, esitenti, artefatte, reali e mascherate da complotto, fasulle e mascherate da autenticità.
Comunque sia, ciò che appare sempre più evidente è una sorta di fitta nebbia in mezzo alla quale sia difficile trovare riferimenti e facile incappare in trabocchetti. Confusione, smarrimento, ma anche Dubbio.

Non conosco ancora quale possa essere il percorso da seguire per attraversare questa cortina e poterne uscire in qualche modo e da qualche parte, ma lo sto cercando a tentoni e tentativi.
Non vedo ancora cosa celi questa barriera fumosa, ma so che per intravvedere qualcosa o si dirada o se ne cercano i confini.
Non capisco ancora il motivo per cui esista, ma la sensazione che mi trasmette è disagio ed inganno.

E allora chiudo occhi ed orecchie e cerco quella porta. Non con i sensi ma con il Senso, non con la ragione ma con le Sensazioni, non con le reazioni ma con le Relazioni, non con la ricerca di prove ma con la ricerca di Segni, non con un’esplorazione solitaria ma Condivisa.

Non so se esista e cosa possa celare la presunta matrice, ma è singolare che in un sistema di certezze non vi sia certezza, in una società evoluta non vi sia evoluzione, in un mondo reale non vi sia autenticità, in un universo sconfinato vi siano confini, in un corpo mortale vi siano aneliti di immortalità.
Dubito, cerco, non mi accontento. Continuo a cercare quella porta. Cerchiamo insieme?

Radici nella terra

In situazioni come queste è purtroppo inutile cercare colpevoli, ma è necessario identificare i responsabili per sensibilizzarli ed ancora di più trovare soluzioni per applicarle. Soluzioni agli effetti, ma soprattutto alle cause.

Probabilmente avere qualcuno della famiglia coinvolto, non mi consente un’assoluta obiettività, ma è proprio per il mio coinvolgimento che non posso tacere.

Certamente le soluzioni possono essere complesse e le responsabilità molteplici, ma lì ci sono persone che nel migliore dei casi dovranno lavorare a lungo e duramente per ritornare alla quotidiana normalità, dovranno rinunciare a tracce della loro vita, dovranno affrontare spese non sempre sostenibili. Nel migliore dei casi. Perchè nel peggiore non c’è più un’automobile, non c’è più un giardino, non c’è più una casa. Un nido sognato, costruito con sacrificio, curato con amore. Un nido custode di ricordi e di emozioni. E in tutto questo, ciò che aggrava ulteriormente la situazione è che può capitare ancora e ancora e ancora. Da un momento all’altro.

Responsabili sono certamente coloro all’apice di questa catena di eventi, coloro che appiccarono gli incendi, privando la terra del naturale sostegno delle radici. Ma sono anche coloro che hanno sottovalutato la situazione dopo i primi eventi causati dalle piogge, coloro che non hanno provato a mettere in atto una soluzione per contenere il problema. È come vedere contrapposto l’encomiabile coinvolgimento di chi si impegna a trovare una soluzione per gli effetti alla reticenza di chi dovrebbe e potrebbe arginare le cause.

Certo vi sono problemi immensi a questo mondo, ma ritengo che quelli relativi alla sfera personale umana abbiano il diritto di essere al primo posto.
La tecnologia è giunta a livelli incredibili e penso sia possibile trovare soluzioni alle cause di tali eventi. È vero che i costi possono essere consistenti e non sempre è facile ottenere un supporto immediato da questo punto di vista. Ma è anche vero che esistono delle priorità e si può scegliere di investire prima sul sacrosanto diritto che le persone hanno di sentirsi bene ed al sicuro.

Un pensiero va a coloro che stanno vivendo questa prova durissima e con forza e dignità l’affrontano con il coraggio di chi non aspetta che le cose si risolvano da sole, con l’orgoglio di chi sa e vuole rialzarsi.
Un pensiero di gratitudine va a tutti coloro, volontari e professionisti, che si stanno impegnando in prima persona a sostenere le persone ed affrontare la situazione con dedizione, impegno, costanza e tanta umanità.

La tecnologia è giunta a livelli incredibili e forse è più importante proteggere le nostre radici sulla terra, prima di impegnarci ed investire per scoprire se potremo radicarle su un altro pianeta quando avremo consumato questo.

Dettaglio della frana su Bussoleno ieri 7 giugno 2018

Dettaglio della frana su Bussoleno ieri 7 giugno 2018

Siamo tutti uguali. Nessuno è più uguale.

Pro Infirmis, la maggiore organizzazione attiva in Svizzera in favore delle persone con disabilità, si impegna per una società inclusiva. Con il suo nuovo video, sottolinea con un sorriso le analogie che accomunano tutti noi.” (Pro Infirmis n.d.r.)

Ho scelto di dare a questo articolo il medesimo titolo della campagna, perchè riassume in poche parole un significato profondo. Il messaggio delle immagini, che ha attratto la mia attenzione, è superato da quello contenuto in queste sette parole, che racchiudono molte prospettive.

Siamo uguali perchè ci accomunano uguali esperienze negli eventi quotidiani. Soffriamo, ridiamo, ci arrabbiamo, combattiamo, viviamo dolori e frustrazioni, leggerezza ed emozioni.

Una prospettiva che traspare da questa campagna è che non c’è qualcuno più uguale o meno uguale. E benchè il concetto di uguaglianza sia stridente per me, perchè ritengo l’uguaglianza inappropriata alla sfera umana e più pertinente l’equità, in questo caso è utilizzata con un’accezione coesiva e non omogeneizzante. Siamo sulla stessa barca e ciascuno di noi affronta analoghe contingenze. La bellezza di questo raffronto è che non avviene fra individui, ma nei confronti del rapporto che essi hanno con eventi comuni. Non sono le persone ad essere uguali, ma le sfide che si trovano ad affrontare. E questo porta la relazione a qualcosa di indiretto che esclude giudizi di merito derivanti dalla natura umana.

Un’altra prospettiva ci dice in maniera definitiva che non si è più uguali, non si sarà uguali mai più e che nessuno è uguale a qualcun altro. Ciascuno è differente ed ha le proprie caratteristiche personali che rendono unici. Fisiche, culturali, emozionali. Non siamo uguali e non lo saremo mai e ciò che ci accomuna sono gli eventi della vita, attraverso i quali possiamo riconoscerci e comprenderci. L’unico ed autentico terreno comune sul quale incontrarci e confrontarci.

Grazie a Pro Infirmis per aver realizzato questa campagna che fa riflettere con il sorriso, in maniera delicata e rispettosa. Colpisce ed emoziona con le immagini, lascia un segno ed un messaggio universale con le parole. E la magia di questa campagna è andare oltre la disabilità, unendoci attorno ad un concetto di disabilità che è di tutti, nel quale tutti ci riconosciamo e ci sentiamo uguali.

Ma

Non sempre si riescono ad affrontare le sfide con un sorriso
non sempre si è assicurati da un imbrago che ci sostenga
non sempre il bosco è privo di rischi
e non sempre splende il sole

ma

il sole è sempre là
il bosco ha sempre luoghi sicuri
le mani sanno sempre afferrare un appiglio
e c’è sempre una pausa fra una sfida ed un’altra
dove poter riposare e tornare a sorridere