Abbiamo bisogno di Leader

Abbiamo bisogno di Leader. Non di capi, non di generali, ma di guide che con l’esempio ci accompagnino in questa landa pietrificata attraverso la quale è difficile avanzare.

Leader. Parola abusata e violentata per mascherare imposizioni e strategie. Non è un ruolo, non è un incarico, non è celebrazione, non è autodeterminazione. Leader è chiunque venga riconosciuto per le proprie azioni, i propri principi, il senso profondo di rispetto e libertà, la consapevolezza del proprio sé e l’accettazione dell’altrui. Leader può essere chiunque, oltre le gerarchie, le dinamiche socialmente riconosciute, le strutture funzionali.

Leader. Termine anglosassone la cui valenza e intensità rappresentano una pluralità di aspetti che non sono traducibili con una sola parola e che non possono essere descritti con un’unica ed esaustiva rappresentazione. Evito, per quanto possibile, i termini anglosassoni quando comunico in lingua italiana, benchè per ragioni professionali faccia uso quotidiano della lingua inglese. Non è supponenza, ma cura della semantica e passione per una lingua ricca di sfumature. Talvolta, però, è importante accogliere e riconoscere la forza di un termine che racchiuda non solo un concetto, bensì un messaggio chiaro, un’essenza profonda, un simbolo potente.

Abbiamo bisogno di Leader. Di cercarli, di riconoscerli, di ascoltarli, di camminare accanto ad essi. Perchè un Leader non si fa seguire, ma lascia tracce sul cammino accanto a chi quel cammino ha deciso di percorrerlo. Troviamoli nel mondo fra coloro che vorrebbero ma temono di non potere, che potrebbero ma non ne sono consapevoli, che sanno ma hanno bisogno di sostegno.
Troviamoli. Mettiamoci in movimento e camminiamo con loro.

Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?

“E se tutto ciò che presumiamo di conoscere fosse solo una proiezione della mente? Una proiezione di abitudini consolidate da retorici eventi e da reiterate azioni?” Domandò.

Rispose: “Se così fosse, sarebbe sufficiente porsi semplici domande per interrompere il ciclico ripetersi dell’apparente conosciuto. Domande semplici come una moneta infilata in un ingranaggio che, però, è sufficiente per incepparlo o scardinarlo. Domande semplici come quelle dei bambini alle quali spesso non sappiamo rispondere. “Perchè” reiterati che sfiniscono e che mettono con le spalle al muro, un muro realizzato da mattoni di ovvietà cementati da apatia.

E allora poniamoci quelle domande e cerchiamo le nostre risposte, ma non le risposte che ci hanno insegnato a dare, bensì quelle che riusciremo a trovare. In qualsiasi modo e qualsiasi esse siano. Non importa quanto ci vorrà, l’importante è innescare il processo, ma senza il timore di essere in grado o meno di trovarle, bensì con l’autentico coraggio di dubitare.

E le domande sono le stesse da sempre, forse abbiamo semplicemente smesso di porcele.
Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?”

"Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?" - olio su tela 139×374.5 cm - Paul Gauguin, 1897. Museum of Fine Arts, Boston

“Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?” – olio su tela 139×374.5 cm – Paul Gauguin, 1897. Museum of Fine Arts, Boston